di Cesare Brivio
dicembre 2001
“La donna e il burattino” di Pierre Louys, edizioni SE Srl, 2001
Dalla presentazione in retrocopertina:
“Conoscete, al museo di Madrid, una singolare tela di Goya, la prima a sinistra entrando nella sala all’ultimo piano? Quattro donne in gonne spagnole, sullo spiazzo erboso d’un giardino, tendono uno scialle per i quattro angoli e, ridendo, vi fan saltare un burattino grande come un uomo”. Nasce da qui "La donna e il burattino" di Pierre Louys, da cui Luis Bunuel trasse un film memorabile, "L’oscuro oggetto del desiderio".
Vergine e prostituta, l’eroina del romanzo, la splendida Sivigliana Conchita, non lascia scampo alla preda. Il suo compito, afferma il narratore, consiste nel seminare la sofferenza e guardarla crescere. Uscito nel 1898, "La donna e il burattino", si colloca dunque nella ricca tradizione della donna fatale, una cui variante, nutrita di esoterismo, erotismo, estetismo, è l’allumeuse, un boia di marmo, dirà Barbey d’Aurevilly, capace di una castità micidiale. Nel rinviare indefinitamente l’atto amoroso, la figura femminile rivela la sua essenza di idolo inespugnabile e avido di sacrifici umani, simile al mostro esecrato da Baudelaire…..”
Conchita's way of love
Riflettendo sulla figura di Conchita Garcia Perez, la protagonista del libro: “La donna e il burattino” di cui sopra, vien da pensare a lei come alla figura di donna il cui comportamento propone analogie illuminanti con alcuni aspetti della pratica e della teorizzazione di tanta parte del femminismo quale si manifesta oggi nella percezione dei più.
Davvero comincio ad amarla Conchita come colei che mi spiega tante cose, suo malgrado. A ben vedere, a parte le infinite ragioni che adduce a sostegno della colpevolezza dell’aspirante amante di turno, in Conchita la colpa effettiva degli uomini nei suoi confronti è che la desiderano e la amano. E’ il desiderio maschile nei suoi confronti la colpa degli uomini e siccome non c’è amore senza desiderio, anche l’amore è colpevole. A meno che non sia tale, a meno che non sia amore ma sofferenza, oppure commercio. Allora diventa lecito. In altre parole l’unica manifestazione lecita del maschio nella relazione con la donna, per Concita, è la sofferenza per lui, il denaro o un vantaggio per lei. E’ questo l’unico modo in cui l’amore maschile può essere presente a Conchita, al suo tipo di donna.
Questo tipo di trasformazione dell’amore del maschio in qualcosa che lei percepisce come male, a partire dal quale accusare i maschi, infliggere loro sofferenza e ottenere vantaggi, richiama alla mente analoghe trasformazioni operate dalle “Conchite attuali”. La più impressionante è la trasformazione della storia maschile come storia di male verso le donne. La storia umana, pur essendo inequivocabilmente storia di donazione maschile e ripetutamente e fino alla donazione estrema della vita, viene riletta e riproposta come sequenza infinita di atti colpevoli. Tanti quanti sono stati gli atti d’amore. E al tempo stesso tutta la storia d’amore che c’è stata viene rivissuta come lecita a patto che diventi presente e si rappresenti nella forma di rivendicazione di un illimitato guadagno, di un illimitato vantaggio, e al tempo stesso e necessariamente come motivo di illimitata colpa e sofferenza maschile.
Facciamo riferimento, oltre che all’atteggiamento di fondo prescritto dal femminismo alle donne di oggi, alla teoria femminista della indennizzazione dei maschi alle donne per il male compiuto storicamente verso di loro. Alla storia come colpa maschile. Dunque, come per Conchita, l’amore maschile per essere accettato dalle sue omologhe di oggi, deve essere trasformato sia in denaro che in sofferenza altrui. Tanto denaro quanti i giorni della storia. Colpa e sofferenza maschile lunga quanto tutto il tempo trascorso. Una vera follia. Un delirio senza fondo, che si proietta a partire dall’oggi, in una sequenza temporale a ritroso senza limiti. Come deliranti sono le accuse di Conchita, quando trasforma la storia di dedizione assoluta dei suoi pretendenti, in storia ininterrotta di colpe maschili nei suoi confronti. Trasformazione del bene in male al fine di moltiplicare all’infinito quegli “atti di male” a cui naturalmente invece tiene sopra ad ogni cosa, essendo in realtà atti di amore.
Ma il terribile è che questa trasformazione è una necessità di Conchita. Perché Conchita è dominata da questa esigenza? Perché non può farne a meno? Una possibile interpretazione è che Conchita è una donna che non può amare il maschio perché altrimenti ama il padre, così che da edipica, vive il desiderio del maschio come colpa, certamente la sua, ma proiettata sull’altro. Le accuse di Conchita al suo maschio sono irredimibili perchè consistono nell’essere maschi, cioè incarnazione di un desiderio incestuoso, un desiderio che porta con sé terrore e maledizione, un desiderio tabù dunque. Per questo i motivi di colpevolizzazione che lei adduce sono manifestamente inesistenti e naturalmente razionalizzazioni, ovvero coperture della sua vera colpa, non rappresentabile alla coscienza se non nella forma razionalizzata della colpa maschile.
I maschi di Conchita, sono alle prese con i suoi urli e le sue ossessioni, trasformate da lei nella nobile menzogna della lotta per la sua libertà contro “l’incomprensione e cattiveria maschile”: una menzogna inconscia terribile per tutti, a coprire il suo peccato. Questo sì il più grave che si possa commettere per l’inconscio: l’incesto. Una verità negata a qualunque costo perché inammissibile, pena l’angoscia distruttiva di una consapevolezza impossibile.
Conchita si concederà quando don Mateo perde il controllo e la pesta. E’ la colpa di Conchita il problema di Conchita, non la colpa inesistente dei maschi, di don Mateo. I quali, per Conchita, tanto più la ameranno tanto più le appariranno come una terribile minaccia, portatori di una colpa irredimibile.
Quante relazioni uomo-donna oggigiorno si presentano strutturalmente, costruite da Conchita, come un meccanismo infernale, davvero una trappola demoniaca per entrambi, ma soprattutto per il maschio. Che da sano è destinato ad impazzire come don Mateo, l’amante di Conchita per il quale non esiste salvezza se non nella forma di un tentativo di raccontare la sua schiavitù. Lui è perduto: che almeno si possa salvare l’amico Andrè, il nuovo pretendente, e non imbocchi la way of love proposta da Conchita.